martedì 9 settembre 2025

Raid Idf a Doha

[Alcuni raggiungono la loro massima cattiveria nel silenzio. Elias Canetti] Il quotidiano qatariota Al-Arabi Al-Jadid riferisce che, a seguito delle minacce israeliane, i leader dei gruppi armati palestinesi che vivono all'estero stanno adottando misure di sicurezza rafforzate.   Secondo una fonte egiziana, il Cairo ha avvertito contro qualsiasi tentativo di colpire Ziyad al-Nakhalah, segretario generale della Jihad islamica residente in Egitto, dopo che erano aumentati i segnali di pericolo nei suoi confronti. La stessa fonte ha rivelato che l'Egitto ha ricevuto di recente una richiesta di mediazione regionale per garantire ad al-Nakhalah una residenza stabile al Cairo. Un dirigente di Hamas ha confermato al quotidiano che anche i membri della leadership politica del movimento presenti in diversi Paesi hanno ricevuto avvertimenti e per questo si muovono con scorte armate. Lo stesso dirigente ha aggiunto che la Turchia ha imposto nuove restrizioni ad alcuni quadri del movimento e ad alcuni detenuti rilasciati recentemente come parte dell'ultimo scambio di ostaggi. Parallelamente, una fonte di Hamas a Doha ha affermato che, dall'inizio della guerra a Gaza, i leader palestinesi all'estero vivono sotto rigidi protocolli di sicurezza, ulteriormente inaspriti nelle ultime settimane. Per motivi di sicurezza e operativi, la dirigenza è stata inoltre dispersa in più sedi fuori dal Paese. Malgrado le misure di sicurezza  intraprese di recente  i terroristi di Hamas non sono al sicuro, mai. La Tv saudita al Arabiya riferisce che il leader di Hamas Khalil al-Hayya (capo negoziatore e già vice di Yahya Sinwar) è stato ucciso in un attacco a Doha. Secondo fonti palestinesi, nell'edificio colpito erano presenti anche altri leader: Khaled Meshaal, Muhammad Darwish, Razi Hamad e Izzat al-Rishq.  Fonti hanno riferito alla tv saudita al-Hadath che anche i leader di Hamas Zaher Jabarin, Khaled Mashaal e Nizar Awdallah sono rimasti uccisi nell'attacco israeliano a Doha. Una fonte di Hamas ha dichiarato ad Al Jazeera che i leader del gruppo sono stati presi di mira a Doha mentre discutevano della proposta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per un cessate il fuoco a Gaza. Secondo fonti di Channel 12, "il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dato il via libera all'attacco israeliano in Qatar". Il Qatar ha definito "codardo" l'attacco israeliano contro la sede di Hamas a Doha. "È una flagrante violazione di ogni diritto internazionale", si legge nel comunicato governativo diffuso dalla tv al Jazeera. Secondo la fonte il governo qatarino ha aperto una inchiesta "gestita dai più alti livelli" istituzionali del Paese. Un alto funzionario israeliano ha confermato a Channel 12 che è stata condotta un'operazione di omicidio mirato contro alti esponenti di Hamas sul suolo del Qatar, nella capitale Doha. Un'esplosione è avvenuta presso il quartier generale dell'organizzazione terroristica di Hamas. L'Idf e lo Shin Bet hanno dichiarato poco dopo le esplosioni avvenute a Doha che l'aeronautica militare 'ha preso di mira i vertici dell'organizzazione terroristica Hamas'. Si stima che decine di migliaia di persone abbiamo preso parte a una manifestazione per un accordo sulla presa di ostaggi fuori dalla residenza del Primo Ministro a Gerusalemme, rendendola una delle più grandi proteste nella capitale sulla questione.  Le foto aeree mostrano Paris Square e le strade circostanti gremite di masse di persone che chiedono un accordo; la folla tiene in alto un grande nastro giallo a sostegno degli ostaggi trattenuti a Gaza. Rivolgendosi alla numerosa folla, Einav Zangauker, la madre dell’ostaggio Matan Zangauker, definisce il primo ministro Benjamin Netanyahu il peggior nemico del popolo ebraico. “Ci hanno fatto dei pogrom, ma tu, Benjamin Netanyahu, ti elevi al di sopra di tutti loro”, afferma Zangauker, che è stato tra i più accesi critici del premier. Zangauker accusa Netanyahu di estendere la guerra a Gaza, nonostante gli avvertimenti di alcuni membri dell’apparato di sicurezza israeliano sui pericoli di tale azione, nel tentativo di cancellare il 7 ottobre dalla sua eredità. “La vostra unica eredità è il massacro e il fallimento del 7 ottobre”, afferma. 


lunedì 8 settembre 2025

Nagel cede a Lovaglio

[Anche il più terribile mostro, se guardato attraverso la visuale della mente e del cuore, non può che farci una grande e struggente tenerezza. Patrizia Boi] Svolta storica nel mondo finanziario italiano: Mps conquista Mediobanca. La scalata del Monte al salotto buono di Piazzetta Cuccia si è chiusa con adesioni pari al 62,3% del capitale, un traguardo su cui in pochi a inizio anno erano pronti a scommettere (era l’alba del 24 gennaio quando una nota dell’istituto senese annunciava a sorpresa il lancio di un’offerta di acquisto). Un successo per Luigi Lovaglio, alla guida della banca dal 2022, mentre si avvia alla chiusura, dopo quasi 20 anni, l’era di Alberto Nagel al timone di Mediobanca. Mps, forte dell’appoggio dei principali soci Delfin e Caltagirone, che con il loro 30% hanno fatto da apripista, ottiene, con ampio margine, la maggioranza di Piazzetta Cuccia e potrà ora accelerare l’integrazione. È a portata di mano il raggiungimento anche della soglia del 66,67% che permetterebbe a Siena di realizzare appieno le sinergie stimate, controllare l’assemblea straordinaria e procedere alla fusione, assorbendo così anche il 13% di Generali in pancia a Mediobanca. Scontata, infatti, la riapertura dei termini dell’offerta per cinque giorni lavorativi, tra il 16 e il 22 settembre.  Nel dettaglio, nell’ultimo giorno di adesioni all’offerta, partita il 14 luglio, sono state apportate all’offerta ulteriori 134.114.712 azioni, per un totale di 506.633.074. Il 15 settembre avverrà il pagamento del corrispettivo di 2,533 azioni Mps più una componente in contanti di 0,9 euro ad azione per ogni titolo Mediobanca.  Con tutta probabilità, nel prendere atto del cambio di controllo, l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che fino all’ultimo ha tentato di difendersi dall’assalto di Mps, e l’intero cda dell’istituto, si presenteranno dimissionari nel corso della riunione del board già prevista il prossimo 18 settembre per l’approvazione del bilancio. Si apre ora il cantiere per la successione e i giochi sono ancora aperti. 


L'Onu accusa Israele

[Non c’è treno che non prenderei, non importa dove sia diretto. E. St. Vincent Millay] Nuova denuncia dell'Onu contro Israele, i cui leader sono stati accusati oggi da Volker Turk, alto commissario per i diritti umani, di alimentare "una retorica genocida" sulla Striscia di Gaza, come riportano fra gli altri i media britannici. Un territorio già ridotto a "un cimitero", ha rincarato Turk, aprendo a Ginevra la 60/a sessione del Consiglio Onu per i Diritti Umani e invocando una riposta più decisa della comunità internazionale per "mettere fine al massacro": "Sono inorridito dell'utilizzo aperto di una retorica genocida e della vergognosa disumanizzazione dei palestinesi da parte di alti funzionari israeliani".  "La vicepresidente del governo spagnolo e ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, non potrà entrare in Israele e non avrà contatti con lo Stato di Israele. Così come Sira Rego, ministra della Gioventù, anch'essa del partito Sumar. Israele informerà inoltre i suoi alleati della condotta ostile del governo spagnolo e del carattere antisemita e violento delle dichiarazioni dei suoi ministri". Lo scrive su X il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar, aggiungendo che è "fondamentale che gli amici di Israele nel mondo possano riconoscere la pericolosità dell'attuale governo spagnolo".  "Il governo di Spagna ha deciso di avviare con effetto immediato nove azioni per fermare il genocidio a Gaza, per perseguirne gli autori e per sostenere la popolazione palestinese". Lo ha annunciato il premier spagnolo Pedro Sanchez, in una dichiarazione alla Moncloa.    Fra le misure annunciate, un decreto per "consolidare giuridicamente" l'embargo di armi da Israele, il divieto di transito nei porti e nei cieli spagnoli di navi e aerei che trasportano combustibile o materiale di difesa destinato a Israele, e il divieto di accesso in Spagna di "tutte le persone che partecipano in maniera diretta al genocidio nella Striscia di Gaza".  Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar in un lungo post su X risponde intanto alle misure prese dalla Spagna contro Israele: "Non è più possibile evitare l'adozione di sanzioni personali contro membri del governo spagnolo che hanno oltrepassato ogni linea rossa", scrive. "Il governo spagnolo porta avanti una linea ostile e anti-israeliana, con una retorica carica di odio. Il tentativo dell'amministrazione Sánchez, segnata da gravi scandali e corruzione, di distogliere l'attenzione tramite un attacco costante e antisemita a Israele è palese. L'attivismo ossessivo dell'attuale governo spagnolo contro Israele spicca sullo sfondo dei suoi rapporti con regimi oscuri e autoritari, dal governo degli ayatollah in Iran fino a quello di Maduro in Venezuela". E continua: "Colpisce anche la mancanza di consapevolezza storica riguardo ai crimini della Spagna contro il popolo ebraico, tra cui i crimini dell'Inquisizione, le conversioni forzate e l'espulsione degli ebrei nel XV secolo, che rappresentò una vera e propria pulizia etnica". Quindi aggiunge: "Non a caso, la Spagna fu l'ultima tra i paesi dell'Europa occidentale a stabilire relazioni diplomatiche con Israele. L'attuale governo spagnolo calpesta deliberatamente e in modo grossolano rapporti che erano stati costruiti con pazienza da decenni, sia da governi socialisti che conservatori". Sa'ar sottolinea inoltre che "non ogni critica alla politica di Israele è antisemitismo. Tuttavia, quando si manifesta attraverso demonizzazione, delegittimazione e doppi standard, si tratta di antisemitismo, secondo la definizione dell'Ihra (The International Holocaust Remembrance Alliance). Le dichiarazioni di membri del governo spagnolo sono inficiate da tutto ciò. È antisemitismo. Per questo motivo ho deciso di portare la questione dell'antisemitismo esplicito dei membri dell'attuale governo spagnolo davanti alla plenaria dell'Ihra".

Trump in caduta libera

[Senza tragedie, senza cattivi, non c’è storia. Paolo Poli]  Donalds Trump contestato prima del via della finale degli Us Open. Quando gli schermi hanno inquadrato il presidente americano, mentre era in corso l'inno nazionale, dal pubblico si è alzato un coro di buu. Il giudizio degli americani sulle prestazioni del presidente Donald Trump è negativo, nonostante le numerose iniziative della sua amministrazione su dazi, immigrazione e salute pubblica. Lo rivela l'ultimo sondaggio Nbc News Decision Desk, condotto da SurveyMonkey.    Poco più di quattro americani su 10 (43%) approvano l'operato di Trump, in linea con una rilevazione di giugno, mentre il 57% la disapprova. I giudizi più severi riguardano le questioni economiche, con solo il 41% che approva la sua gestione del commercio e solo il 31% quella dell'inflazione. Ma anche sui vaccini, rispetto ai quali c'è un forte sostegno bipartisan.    "Chicago è un posto molto pericoloso e abbiamo un governatore a cui non importa nulla della criminalità. Posso risolvere la questione molto rapidamente ma prenderò una decisione su come procedere nei prossimi due giorni". Lo ha detto Trump parlando con i giornalisti, sostenendo che "a Washington in un arco di 12 giorni abbiamo praticamente risolto il problema della criminalità".    Dopo il raid nella fabbrica Hyundai in Georgia che ha portato all'arresto di oltre 300 operai sudcoreani, Trump avverte le aziende straniere di assumete lavoratori "legali". "Invito tutte le aziende straniere che investono negli Stati Uniti a rispettare le leggi sull'immigrazione del nostro Paese. I vostri investimenti sono benvenuti e vi incoraggiamo a impiegare legalmente i vostri dipendenti più brillanti, dotati di grande talento tecnico, per realizzare prodotti di livello mondiale", ha scritto il presidente su Truth. "Faremo in modo che ciò sia possibile in modo rapido e legale. In cambio, vi chiediamo di assumere e formare lavoratori americani. Insieme, lavoreremo tutti duramente per rendere il nostro Paese non solo produttivo, ma anche più unito che mai", ha aggiunto Trump. Il governatore dell'Illinois, JB Pritzker, risponde a Donald Trump dopo le minacce a Chicago.    "Il presidente degli Stati Uniti minaccia di dichiarare guerra a una città americana. Non è uno scherzo. Non è normale", ha scritto il democratico su X.    "Donald Trump non è un uomo forte, è un uomo spaventato.    L'Illinois non si lascerà intimidire da un aspirante dittatore", ha attaccato il governatore.


Gaza evacuata

[La rabbia può nutrirsi di te per un’ora, ma non giacere per una notte; la continuazione della rabbia è odio, la continuazione dell’odio diventa cattiveria. Francis Quarles] L'Idf ordina "l'evacuazione a tutti i residenti e alle persone presenti nella città di Gaza e in tutte le sue aree, dalla città Vecchia e dal quartiere Tuffah a est fino al mare a ovest".Il portavoce in lingua araba scrive su X che "l'esercito è determinato a sconfiggere Hamas e opererà nella città di Gaza con grande determinazione". "Per la vostra sicurezza, evacuate immediatamente utilizzando la strada Al-Rashid verso la zona umanitaria di Al-Mawasi. Rimanere nell'area è estremamente pericoloso". Per la prima volta l'esercito israeliano ha emesso un ordine di evacuazione generale per tutti i residenti di Gaza city. Dove l'Idf stima che ci siano ancora circa 900mila persone, nonostante in migliaia (circa centomila) abbiano già lasciato la città e le aree circostanti nei giorni scorsi. L'avviso di evacuazione è arrivato anche con lancio di volantini e messaggi sui cellulari. L'esercito ritiene che a Gaza city Hamas stia tenendo prigionieri 8-10 ostaggi. L'annuncio di evacuazione diffuso dal portavoce dell'esercito fornisce anche un numero di telefono "per segnalare i posti di blocco istituiti da Hamas o i suoi tentativi di impedire l'evacuazione".  Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha affermato che se paesi europei come la Spagna e la Francia sono “così entusiasti di creare uno Stato palestinese”, possono farlo “nel proprio territorio”. Saar, parlando durante una conferenza stampa a Budapest insieme al suo omologo ungherese Peter Szijjarto, riferendosi alle relazioni con l’Ue, ha dichiarato: “Se sono così entusiasti di creare uno Stato palestinese, hanno territori enormi, la Spagna e la Francia. Se sono così entusiasti di farlo, possono farlo nel loro territorio. Non metteremo a rischio Israele con confini indifendibili”.“Abbiamo deciso e ho annunciato oggi che non permetteremo a due ministri spagnoli di entrare in Israele e che non avremo alcun tipo di rapporto con loro dopo le loro continue dichiarazioni antisemite e anti-israeliane” ha aggiunto. “Non permetteremo all’Autorità Palestinese, con l’aiuto di paesi stranieri, di dettare o determinare lo status finale dei territori contesi tra noi e i palestinesi. È un’illusione pensare che il futuro della Giudea e della Samaria, culla del popolo ebraico, sarà determinato a Parigi, a Madrid o a Bruxelles. Sarà determinato solo a Gerusalemme”. Parlando da Budapest insieme con l'omologo Peter Szijjarto, il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar afferma che Israele "ha detto sì all'ultima proposta di accordo con Hamas". "Siamo pronti ad accettare un accordo completo che porrebbe fine alla guerra, sulla base della decisione del governo. Le condizioni sono "il ritorno dei nostri ostaggi e che Hamas deponga le armi". "Ma ci sono leader europei che ci chiedono di porre fine alla guerra ora, praticamente incondizionatamente", afferma.



domenica 7 settembre 2025

Libano ostaggio di Hezbollah

[Essere capaci di vivere in pace con le persone difficili e cattive è una grazia, e una cosa estremamente commendevole. Tommaso Da Kempis] È cominciata a Beirut la tanto attesa riunione del consiglio dei ministri libanese per discutere delle modalità del disarmo di Hezbollah, l'organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista fortemente indebolita dopo l'ultima guerra con Israele.  Gli Stati Uniti e Israele chiedono con insistenza il disarmo di Hezbollah, che invece condiziona ogni concessione in tal senso alla fine dell’occupazione militare israeliana nel sud del paese dei cedri e alla cessazione dei quotidiani bombardamenti aerei dello Stato ebraico. I media libanesi riportano oggi che nel quadro delle complesse trattative politiche è emersa una formula di compromesso volta a superare le tensioni interne e a permettere l’approvazione solo formale del piano di disarmo. La soluzione elaborata prevede che il comandante dell’esercito, il generale Rodolphe Haykal, esponga oggi, durante il consiglio dei ministri, il piano preparato dall’istituzione militare. Questo documento, che ribadisce l’esclusività delle armi in mano allo Stato, come stabilito nella precedente riunione governativa del 5 agosto, non sarà sottoposto a una votazione formale. Secondo questa ipotesi, il ruolo del governo, di cui fanno parte anche ministri sciiti, alcuni dei quali considerati vicini a Hezbollah, si limiterà oggi a prendere atto di quanto presentato, per poi emanare una decisione ufficiale che loderà l’iniziativa dell’esercito e riconoscerà il valore delle misure intraprese per rafforzare l’autorità statale. Questo meccanismo permetterebbe all’esecutivo di accogliere il piano senza la necessità di adottare una nuova delibera o di esprimersi tramite un voto. Per quanto riguarda il piano dell’esercito libanese le informazioni circolate sulla stampa parlano di un’attuazione estesa su un periodo di quindici mesi, e non di tre o quattro mesi come richiesto invece dagli Stati Uniti. Inoltre, l’attuazione del piano sarebbe condizionata dal ritiro di Israele dal sud del Libano. Dal canto loro, media statunitensi affermano che Washington ha lanciato un severo avvertimento alle autorità libanesi alla vigilia dell’incontro, sottolineando come il tempo a disposizione per avviare azioni concrete volte al disarmo di Hezbollah stia per scadere. Il quotidiano The New York Times riporta che l’amministrazione del presidente Donald Trump ha insistito sul fatto che ulteriori ritardi potrebbero compromettere il sostegno finanziario degli Stati Uniti e dei paesi del Golfo o, persino, innescare una nuova offensiva militare da parte di Israele, considerata la minaccia più allarmante. Washington avverte infatti che Israele potrebbe ricorrere a un’operazione militare per “portare a termine la missione” in Libano. Intanto quattro dei cinque ministri libanesi membri di Hezbollah e del suo alleato Amal (acronimo dalla denominazione araba che letteralmente significa distaccamenti della resistenza libanese, l’organizzazione è diventata una delle più importanti milizie musulmane durante la guerra civile libanese) si sono ritirati poco fa dalla riunione del consiglio dei ministri per non prender parte alla discussione sul disarmo di Hezbollah. Lo riferiscono media locali, secondo i quali era prevedibile che per ragioni di formalità politica i quattro ministri di Hezbollah e Amal avrebbero lasciato l’aula per dissociarsi da ogni eventuale decisione presa dall’esecutivo. La riunione del governo prosegue, riferiscono i media in diretta dal palazzo presidenziale di Baabda dove è in corso il consiglio dei ministri. L'Unifil ha dichiarato che alcuni droni israeliani hanno sganciato quattro granate nei pressi delle forze di pace, in quello che è stato definito "uno degli attacchi più gravi" contro il proprio personale dal cessate il fuoco di novembre. "Alcuni droni delle Forze di Difesa Israeliane hanno sganciato quattro granate nei pressi delle forze di pace dell'Unifil impegnate a rimuovere i blocchi stradali che impedivano l'accesso a una postazione delle Nazioni Unite", ha dichiarato la forza Onu.    "Una granata è caduta a meno di 20 metri di distanza dal personale e dai veicoli delle Nazioni Unite, mentre le altre tre sono cadute a circa 100 metri. I droni sono stati osservati mentre rientravano a sud della Linea Blu" scrive l'Unifil sul suo sito.    "Le Idf erano state informate in anticipo dei lavori di sgombero stradale in corso da parte dell'Unifil nella zona, a sud-est del villaggio di Marwahin. Per motivi di sicurezza, i lavori  sono stati sospesi a causa dell'incidente.    Qualsiasi azione che metta in pericolo le forze di pace e i loro beni, nonché qualsiasi interferenza con i compiti loro assegnati, è inaccettabile e costituisce una grave violazione della Risoluzione 1701 e del diritto internazionale. È responsabilità delle Forze di Difesa Israeliane garantire la sicurezza e l'incolumità delle forze di pace che svolgono i compiti assegnati dal Consiglio di Sicurezza" si legge ancora. La decisione del governo libanese di disarmare Hezbollah prima della fine dell'anno potrebbe portare ad una guerra civile. Il monito è arrivato dal leader del movimento sciita, Naim Qassem, in un discorso diffuso dalla tv Al Manar.    Qassem ha denunciato che con questa mossa il governo consegnerà il Paese a Israele, ma allo stesso tempo ha avvertito che Hezbollah è pronto a "dare battaglia" per preservare il proprio arsenale.    Il suo discorso alla tv è avvenuto dopo un incontro con un alto funzionario della sicurezza dell'Iran, sponsor principale di Hezbollah. Il Libano che attende l'avvio nel pomeriggio della riunione del governo dedicata al piano per il disarmo di Hezbollah è ancora sotto choc dopo la campagna di bombardamenti aerei israeliani condotta nelle ultime ore a sud di Beirut e nel sud-est del Paese e che hanno fatto almeno 5 morti, secondo il governo di Beirut e i media libanesi E questo all'indomani di raid aerei israeliani contro caschi blu della missione Onu (Unifil). L'esecutivo guidato dal premier Nawaf Salam si riunisce oggi nella capitale assieme ai ministri sciiti, alcuni vicini a Hezbollah, per discutere del piano di disarmo del partito armato, fortemente indebolito politicamente e militarmente nell'ultima guerra contro Israele. Lo Stato ebraico, che continua a occupare parti del sud del Libano e che bombarda giornalmente il sud del Libano e altre regioni del paese, ha condotto nelle ultime ore una serie di raid nella regione di Sidone, 40 km a sud di Beirut, nella zona di Shebaa, nel settore orientale della linea di demarcazione tra i due paesi, e in quella di Tiro, 90 km a sud della capitale. Negli attacchi a Sidone - secondo Israele contro obiettivi di Hezbollah nella località di Ansariye - è morto un operaio siriano mentre altri tre sono rimasti feriti. Il sindaco di Ansariye e le autorità libanesi, citate oggi dai media, hanno condannato i raid aerei che hanno distrutto una serie di capannoni e di "attrezzature civili per la ricostruzione delle zone del sud" devastate dalla campagna militare israeliana del 2024.  Dall'entrata in vigore del cessate il fuoco il 24 novembre 2024, almeno 310 persone sono state uccise in Libano nei bombardamenti israeliani, secondo i dati del ministero della sanità libanese e delle Nazioni Unite. Altri raid aerei israeliani avevano ieri preso di mira militari di Unifil, di cui fanno parte un migliaio di soldati italiani. 


15 domande

[Innanzitutto dì a te stesso chi vuoi essere; poi fa’ ogni cosa di conseguenza. Epitteto] Domande che nessuno fa (ma che dovremmo avere il coraggio di leggere). Troppo spesso su Israele si parla a slogan, ripetendo accuse prefabbricate senza mai fermarsi a capire davvero.L’avvocato Annamaria Bernardini De Pace ha messo nero su bianco 15 domande scomode, a cui chi si proclama “pro-Palestina” dovrebbe provare a rispondere. Perché la verità non ha paura delle domande. 40 miliardi di dollari in 20 anni: sono andati in scuole o nei tunnel di Hamas? 13.000 dipendenti ONU a Gaza: nessuno ha mai visto i tunnel o i razzi lanciati? Se Hamas avesse liberato subito gli ostaggi non ci sarebbe stato un morto. Perché nessuno è sceso in piazza per chiederlo? Se Israele fosse “genocida”, com’è possibile che la popolazione di Gaza sia aumentata del 400% dal 1948 e di 153.000 persone dal 7 ottobre? Perché si citano i dati del Ministero della Sanità di Gaza, sapendo che è controllato da Hamas?  In Israele gli arabi votano, studiano, si curano e governano. Dov’è l’apartheid? Perché nessun Paese arabo ha mai dato cittadinanza ai palestinesi e in alcuni casi li ha perfino massacrati?  Perché si tace sui razzi lanciati da scuole e ospedali finché Israele non risponde? Perché chiamare “massacro” un’azione militare contro terroristi che usano scudi umani?  Se il 7 ottobre fosse stato un “inside job”, perché ci sono centinaia di video e testimonianze di stupri e omicidi?  Perché credere a Hamas senza prove e gridare alla propaganda quando Israele le mostra? Se Hamas ha giurato di distruggere Israele, perché dovrebbe volere la pace? Perché si boicotta solo Israele e non Cina, Iran, Turchia o Pakistan per le loro violazioni?  “Free Palestine” significa due popoli e due Stati o uno solo senza Israele? Perché indignarsi solo per i civili palestinesi e mai per quelli israeliani? Durante il massacro del 7 ottobre e da allora, Hamas ha dimostrato la sua intenzione di assassinare civili israeliani. Questo è genocidio!  Le forze di difesa israeliane emettono avvertimenti, aprono corridoi umanitari e facilitano la consegna di aiuti e cibo anche sotto il fuoco di Hamas – misure incompatibili con qualsiasi pretesa di intento genocida. Secondo il diritto internazionale, per dichiarare un genocidio è necessario che vi sia l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. La dichiarazione rilasciata da circa 120 “studiosi di genocidio” dell’IAGS (su 500 membri) distorce la definizione giuridica di genocidio, ignora le prove evidenti degli sforzi umanitari di Israele e accusa proprio la vittima del genocidio, ovvero Israele. Questo rapporto ignora l’uso deliberato da parte di Hamas dei civili palestinesi come scudi umani, la sua strategia di nascondere i propri combattenti, le armi e i centri di comando nelle case, nelle scuole e negli ospedali e il furto diffuso di cibo alla popolazione. Queste affermazioni stravolgono sia i fatti che la legge. Tali affermazioni sconsiderate sminuiscono il significato di “genocidio” e insultano la memoria degli orribili genocidi del passato. La tragica perdita di vite civili a Gaza è il risultato diretto delle tattiche di Hamas. Israele ha ripetutamente affermato, anche davanti alla Corte internazionale di giustizia, di rispettare il diritto internazionale e di adottare precauzioni straordinarie per proteggere i civili, anche mentre combatte un brutale gruppo terroristico che dichiara apertamente il suo intento genocida nei confronti di Israele. Lungi dal commettere un genocidio, le azioni di Israele a Gaza sono dirette esclusivamente allo smantellamento di Hamas, la barbarica organizzazione terroristica responsabile del brutale massacro di oltre 1.200 israeliani avvenuto il 7 ottobre, che usa 2 milioni di palestinesi come scudi umani. Il Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria della 82/a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia va a The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania (Tunisia, Francia), regista accolta sul palco da una standing ovation. Il film rievoca la storia vera della bambina di cinque anni morta a Gaza durante un attacco. Dopo aver parlato per ore al telefono con gli operatori della Mezzaluna Rossa che hanno tentato invano di salvarla. "La voce di Hind continuerà a risuonare finché giustizia non sarà fatta: crediamo tutti nel potere del cinema è quello che ci ha portato qui e ci dà il coraggio per raccontare storie che altrimenti sarebbero sepolte". Lo dice la regista tunisina Kaouther Ben Hania, ricevendo il Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria a Venezia per The Voice of Hind Rajab, storia vera della bambina di cinque anni morta a Gaza durante un attacco.    "Dedico il premio - sottolinea - alla Mezzaluna Rossa palestinese e a coloro che rischiano per salvare vite a Gaza, veri eroi, cercando di ascoltare le grida di persone cui nessuno dà risposta".