[L’invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato. Fortunato colui al quale latrano i cretini, perché la sua anima non apparterrà mai a loro. Carlos Ruiz Zafón] Nella divisione di percorsi che potrebbe verificarsi tra Stati Uniti ed Unione europea anche sul futuro delle monete e dei sistemi di pagamento digitali, oltre che su dazi commerciali e sicurezza, la Banca dei regolamenti internazionali evita di schierarsi, ma di fatto mostra posizioni che appaiono più compatibili con quelle europee. Alla Bri “abbiamo lavorato molto sulla digitalizzazione e sull’innovazione del sistema monetario, abbiamo la nostra visione in base alla quale la moneta della Banca centrale dovrebbe essere la base delle innovazioni, che la Bri sta portando avanti nel suo Innovation Hub”, ha detto Hyun Song Shin, capo economista e direttore del Dipartimento affari economici e monetari della Bri, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto trimestrale dell’istituzione. Quanto alle scelte degli Usa “non abbiamo abbastanza dettagli su queste iniziative”, ma in generale “i criptoasset non sono realmente auspicabili come strumenti monetari. E le stablecoin sono un portale verso l’universo crypto, sul qualche ci sono dubbi su vari aspetti di possibile uso illecito – ha detto – come quello del riciclaggio”. L’esponente della Bri rispondeva a una domanda sugli sviluppi che si sono verificati nelle ultime settimane. L’amministrazione Trump negli Usa ha emanato una serie di ordini esecutivi, nei quali vieta alla Federal Reserve di perseguire una versione digitale del dollaro (una Cbdc) mentre al tempo stesso Washington punta a diventare una sorta di hub globale per i criptoasset – il presidente Donald Trump ha anche ordinato di creare una riserva di Bitcoin – e altre tipologie di titoli simili. In un intervento venerdì scorso alla Casa Bianca, il segretario di Stato al Tesoro, Scott Bessent ha poi esplicitamente affermato che gli Usa intendono utilizzare Stablecoin in dollari per preservare il ruolo dominante della valuta statunitense nel sistema monetario internazionale. E che metteranno fine alla “guerra normativa” agli asset digitali. All’opposto l’Unione europea e in particolare l’area euro sembrano orientate a procedere alla creazione di un euro digitale, cioè una versione digitalizzata della valuta della banca centrale (Cbdc). Un progetto su cui peraltro c’è stato un impegno diretto rilevante di banchieri centrali italiani, prima di Fabio Panetta, attuale governatore della Banca d’Italia, quando era nel Comitato esecutivo della Bce, ora di Piero Cipollone, che gli è succeduto in quella posizione. In ripetute occasioni i banchieri centrali dell’area valutaria hanno espresso forte diffidenza, se non aperta ostilità verso criptoasset e prodotti simili, ritenuti altamente speculativi, utilizzabili anche per operazioni illecite e in generale volatili e instabili. Insomma due strade, quella Usa e quella Ue, che appaiono quasi specularmente opposte. A volte viene utilizzato il termine criptovalute per questi asset, ma il fatto stesso di accostare il termine “valuta” a questi prodotti viene contestato da molti esperti, perché i criptoasset non avrebbero le caratteristiche delle valute tradizionali. E questa sembra essere una linea condivisa anche dalla Bri. “Non possiamo escludere che possa esserci un uso nel sistema finanziario” di stablecoin o criptoasset, ma prima “devono davvero dare risultati” in modo da “costruire su fondamenta solide”, hanno detto ancora gli esperti dell’istuituzione, che ha sede a Basilea, in Svizzera. Alla conferenza stampa partecipavano anche Gaston Gelos, vicedirettore del dipartimento monetario e direttore sulla stabilità finanziaria e Frank Smets, direttore di analisi economica e statistica. I mercati azionari europei hanno sovraperformato i loro omologhi statunitensi e la maggior parte degli altri mercati globali nel 2025. Nonostante le ampie sfide economiche affrontate dalla regione, tra cui una tiepida prospettiva di utili, alti prezzi dell'energia e la minaccia di dazi, l'indice EURO STOXX 50 ha superato l'S&P 500 di circa 15 punti percentuali dall'inizio di dicembre, secondo un'analisi della Banca dei regolamenti internazionali (BRI). Anche altri indici europei nel Regno Unito e altrove hanno ottenuto forti guadagni. Di conseguenza, anche i principali parametri di valutazione delle azioni europee, come il rapporto prezzo/dividendo, sono migliorati con un margine simile rispetto agli Stati Uniti. Per comprendere la sovraperformance degli indici europei, spiega la BRI, è utile studiare le componenti del rapporto prezzo/dividendo. Concettualmente, il prezzo dell'indice stesso dovrebbe essere uguale al valore scontato dei futuri dividendi attesi. Di conseguenza, le variazioni del rapporto prezzo/dividendo possono essere scomposte in tre parti principali, che riflettono i tassi di sconto o i flussi di cassa: variazioni nei tassi privi di rischio; variazioni nei premi di rischio azionario; e variazioni nella crescita prevista dei dividendi. Un aumento nelle prime due componenti riduce il rapporto prezzo/dividendo poiché tassi privi di rischio più elevati o premi di rischio causano una maggiore attualizzazione dei flussi di cassa futuri. Al contrario, un aumento nella terza componente aumenta il rapporto prezzo/dividendo poiché segnala dividendi futuri più elevati (vale a dire flussi di cassa). Una scomposizione lungo le linee appena discusse rivela che la compressione del premio di rischio è stata la forza principale che ha guidato la recente sovraperformance delle azioni europee. Durante il periodo di revisione (dicembre-febbraio), il rapporto prezzo/dividendo per le azioni statunitensi è rimasto invariato in media, mentre quello delle azioni europee è aumentato in modo significativo. L'aumento dei tassi a lungo termine ha esercitato una pressione al ribasso sul rapporto prezzo/dividendo sia negli Stati Uniti che in Europa. Un ulteriore fattore negativo per le valutazioni europee è stato il deterioramento della crescita prevista dei dividendi in contrasto con i dati in miglioramento per i loro omologhi statunitensi. Nel complesso, il fattore dominante che ha tirato su le valutazioni del mercato azionario europeo nonostante i due venti contrari compensativi è stata la grande compressione dei premi di rischio sulle azioni europee. La BRI sottolinea che la maggior parte della recente sovraperformance dei mercati europei è stata guidata da settori ciclici. Questi settori, come beni di consumo discrezionali, banche e tecnologia informatica, hanno registrato guadagni significativi rispetto alle loro controparti statunitensi durante il periodo in esame. Inoltre, i settori europei che potrebbero trarre vantaggio da una fine anticipata della guerra in Ucraina, tramite costi energetici più bassi, come energia, prodotti industriali e materiali, hanno anche superato i loro omologhi statunitensi. Questi stessi settori hanno avuto risultati significativamente inferiori durante il periodo di rapido aumento dell'incertezza geopolitica che ha circondato l'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022. "Quindi, il recente cambiamento potrebbe riflettere almeno in parte un sentimento più positivo e un ottimismo sulla stabilità economica e la crescita in Europa in un contesto di riduzione delle tensioni geopolitiche", viene sottolineato.
Nessun commento:
Posta un commento