[La principale differenza tra l’uomo e la donna è che l’uomo antepone sempre lo stomaco al cuore. La donna fa sempre il contrario. Carlos Ruiz Zafón] Sono rientrati in Italia in piena notte un centinaio di cittadini italiani e 17 spagnoli bloccati dagli scontri delle ultime ore a Tripoli tra milizie rivali che nella giornata di ieri, grazie all'ambasciata d'Italia e a personale dei carabinieri e della Presidenza del Consiglio, avevano raggiunto, l'aeroporto di Misurata per imbarcarsi poi su un volo speciale diretto a Roma. Dopo gli scontri dei giorni scorsi, decine di manifestanti considerati vicini alla milizia Radaa, a cui appartiene tra gli altri il generale Almasri, hanno manifestato anche ieri sera a Tripoli, in Libia, chiedendo il rovesciamento del governo di unità nazionale guidato da Abdel Hamid Dbeibah. Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) Karim Khan, indagato per presunte molestie sessuali da novembre, si è temporaneamente dimesso. Lo ha annunciato il suo ufficio. "Il procuratore ha annunciato la sua decisione di prendersi un congedo in attesa della conclusione del procedimento" condotto dagli inquirenti delle Nazioni Unite, ha affermato l'ufficio del procuratore in una nota, in seguito a diverse notizie di stampa riguardanti accuse di comportamenti sessuali inappropriati nei suoi confronti. Intanto, il procuratore della Cpi Karim Khan ha chiesto alle autorità libiche di arrestare Almasri e di consegnarlo alla Corte, in quanto destinatario di un mandato di arresto. "Ero andato a Tripoli per la 16/a edizione della 'Libya Build', la fiera più grande e prestigiosa del Nord Africa dedicata al settore dell'edilizia e delle costruzioni - ha detto un sessantenne che faceva parte di un gruppo di altri connazionali andati con lui a Tripoli per la stessa ragione -. Martedì, il giorno dell'apertura della Fiera, la situazione era abbastanza tranquilla anche nell'aria se si sentiva che qualcosa stesse per accadere. In gioco c'era il confronto tra le milizie rivali e il controllo di alcune zone. Nessuno, però, si aspettava che la 'scintilla' sarebbe potuta esplodere così in fretta. Finita la giornata - ha continuato - siamo tornati in albergo e di notte è cominciato il conflitto a fuoco tra le milizie. Il giorno dopo nessuno di noi è andato alla Fiera. Si è poi parlato di una tregua ma il timore era che gli scontri sarebbero potuti riprendere e così è stato. A quel punto l'Ambasciata, coadiuvata dall'Unità di crisi della Farnesina, si è attivata per permetterci di rientrare in Italia in sicurezza ed oggi siamo qui. Devo però anche dire che quando abbiamo lasciato la Libia la situazione era abbastanza tranquilla. Chissà se durerà. Ovviamente me lo auguro". Tra gli italiani rientrati, anche un dipendente dell'Eni. "Ero a Tripoli per lavoro da due anni e mezzo. Due sere fa ero in casa quando, intorno alle 10 di sera, sono scoppiati i primi disordini in strada che sono poi andati avanti fino alle 3 del mattino. Il giorno successivo è sembrato tutto più tranquillo poi di notte, verso le 3, hanno ripreso gli spari. A quel punto mi sono letteralmente barricato in casa. L'azienda, attraverso messaggi whatsapp, ha comunicato a me e ai miei colleghi che, non appena possibile, il personale non indispensabile avrebbe potuto lasciare il Paese con un volo speciale che abbiamo poi preso oggi. Sono comunque pronto a tornare in Libia non appena la situazione lo consentirà", ha concluso. Decine di manifestanti, in particolare del quartiere Souq al-Juma e della città di Zawiya, realtà considerate vicine alla milizia Radaa - a cui appartiene tra gli altri il generale Almasri - manifestano in piazza dei Martiri a Tripoli (la vecchia piazza Verde del regime di Gheddafi), chiedendo il rovesciamento del governo di unità nazionale guidato da Abdel Hamid Dbeibah. Lo riportano i media libici. Il premier, nel frattempo, ha rivendicato l'operazione contro la milizia di al Kikli: "Un passo necessario per porre fine a una realtà che ha violato troppo la legge ed è stata associata a gravi violazioni dei diritti umani". Secondo quanto riferito da fonti alla NBC News, l’amministrazione statunitense sta lavorando a un piano per trasferire in modo permanente fino a un milione di palestinesi dalla Striscia di Gaza alla Libia. “L’amministrazione Trump sta lavorando a un piano per trasferire 1 milione di palestinesi in Libia. I dettagli sono poco chiari e non è stato ancora raggiunto un accordo definitivo, ma il piano è stato preso in seria considerazione al punto che l’amministrazione ne ha discusso con la leadership libica” si legge nei titoli. Il piano è stato preso in considerazione così seriamente dall’amministrazione del presidente Donald Trump che si sono già tenute delle discussioni preliminari con i leader libici, hanno detto alla NBC News due fonti a conoscenza della questione e un’ex fonte governativa. In cambio dell’ospitalità dei palestinesi, la Libia riceverebbe miliardi di dollari di fondi dall’amministrazione statunitense, che gli Stati Uniti avevano congelato alla Libia più di un decennio fa, hanno aggiunto le fonti. Non è stata ancora presa una decisione definitiva sul piano. Secondo alcune fonti, l’amministrazione israeliana ha ricevuto informazioni sulle discussioni dell’amministrazione Trump in merito al piano.
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