[Non ho paura, e non voglio vivere una vita di paura. Peppino Impastato] Dense nuvole di fumo sopra Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale, dopo un attacco aereo israeliano. La difesa civile di Gaza ha dichiarato il 9 luglio che 20 persone, tra cui almeno sei bambini, sono state uccise in due attacchi aerei israeliani durante la notte nel territorio palestinese devastato da 21 mesi di guerra. Ma sarebbero almeno 105 i palestinesi morti e altri 530 i feriti degli attacchi messi a segno dalle forze israeliane nelle ultime 24 ore nella Striscia di Gaza. Lo riferisce il ministero della Sanità dell’enclave palestinese, facendo salire a 57.680 il numero dei morti dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre 2023; i feriti nel frattempo sono 137.409.Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, ha intanto annunciato che Israele negozierà un cessate il fuoco permanente nella Striscia di Gaza, se si arriverà a un accordo su una tregua temporanea. Saar ha ricordato in conferenza stampa a Bratislava con l’omologo slovacco, Juraj Blanar, che Israele ha garantito di essere seria nella sua intenzione di raggiungere un accordo sugli ostaggi e su un cessate il fuoco a Gaza”. “Credo che sia fattibile”, ha detto Saar, citato dal Times of Israel.Il presidente israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato a Fox News che ci sono “buone probabilità” di raggiungere un prossimo cessate il fuoco di “60 giorni” a Gaza. Durante la tregua, ha proseguito Netanyahu, “metà degli ostaggi vivi e metà dei deceduti saranno restituiti a Israele dai mostri di Hamas”. “Credo che ci siano buone probabilità di raggiungere questo cessate il fuoco, così come di raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissato fin dall’inizio”, ha concluso il premier israeliano. Nella città di Tulkarem, in Cisgiordania, il paesaggio è stato trasformato dopo che i bulldozer dell'esercito israeliano hanno sgomberato i suoi due campi profughi in quella che l'esercito ha definito una "caccia ai militanti palestinesi". L'esercito ha concesso a migliaia di sfollati solo poche ore per recuperare i propri effetti personali dalle loro case prima di demolire gli edifici creando ampi spazi di transito tra le macerie. Ora i residenti temono che gli sgomberi cancelleranno non solo gli edifici, ma anche il loro stesso status di rifugiati da terre abitate da generazioni dei loro antenati in quello che oggi è Israele. Il "diritto al ritorno" a quelle terre, rivendicato dai rifugiati palestinesi fin dalla creazione di Israele nel 1948, rimane una delle questioni più spinose del conflitto israelo-palestinese. L'esercito ha dichiarato che questa settimana avrebbe demolito altri 104 edifici nel campo di Tulkarem, nell'ultima fase di un'operazione lanciata a gennaio durante la tregua nella guerra di Gaza, definendola un intenso giro di vite nelle roccaforti dei gruppi armati palestinesi che combattono contro Israele. "Siamo tornati al campo e abbiamo trovato la nostra casa demolita. Nessuno ci ha informato, nessuno ci ha detto nulla", ha detto Abd al-Rahman Ajaj, 62 anni, che sperava di recuperare i suoi averi mercoledì.Un gruppo di cinque importanti sceicchi del distretto di Hebron, in Cisgiordania, ha inviato una lettera al governo israeliano esprimendo il desiderio di aderire agli Accordi di Abramo e di raggiungere la pace con Israele. Lo riporta il Wall Street Journal. La missiva esprime il desiderio degli sceicchi di staccarsi dall'Autorità nazionale palestinese (Anp) e di costituire Hebron come Emirato che "riconosca Israele Stato del popolo ebraico, quindi Israele riconoscerà l'Emirato come rappresentante dei residenti arabi". Secondo il Wsj, altri sceicchi che sostengono l'iniziativa hanno mantenuto l'anonimato per motivi di sicurezza. La lettera degli sceicchi, indirizzata al ministro dell'Economia israeliano, Nir Barkat, descrive l'accordo proposto come "equo e dignitoso", e può sostituire gli accordi di Oslo, "che hanno portato solo danni, morte, disastro economico e distruzione". Uno sceicco che ha aderito all'iniziativa ha dichiarato: "Pensare solo a creare uno Stato palestinese ci porterà tutti al disastro". Barkat ha detto al Wsj che il vecchio paradigma dei due Stati è fallito e che l'Autorità Nazionale Palestinese non gode di fiducia tra il suo popolo e in Israele. Da febbraio, il ministro ha ospitato lo sceicco Wadee' al-Jaabari - uno dei più influenti leader del clan di Hebron e promotore dell'iniziativa - e altri sceicchi nella sua casa di Gerusalemme per decine di incontri. "Lo sceicco Jaabari vuole la pace con Israele e aderire agli Accordi di Abramo, con il sostegno dei suoi confratelli. Chi in Israele dirà di no?", chiede Barkat."Non ci sarà nessuno Stato palestinese, nemmeno tra mille anni", ha detto Jaabari al giornale, "dopo il 7 ottobre, Israele non lo concederà più". In seguito alla 'sensazionale' rivelazione del Wsj, come viene definita dai media, il Jerusalem Post ha pubblicato domenica mattina un'intervista a Jaabari. La premessa dello sceicco (a cui si aggiungono i cinque firmatari della lettera e altri 13 della stessa zona) è semplice ma radicale: ha il controllo di circa il 78% della popolazione metropolitana di Hebron, che può tradursi in oltre 700.000 palestinesi, è pronto, insieme agli altri sceicchi a riconoscere Israele come Stato ebraico e a porre fine a tutte le rivendicazioni nel conflitto israelo-palestinese. L'obiettivo è quello di coinvolgere alla fine altri sei "emirati" palestinesi (secondo il modello degli Emirati Arabi Uniti), che comprendono le aree di Betlemme, Gerico, Nablus, Tulkarem, Jenin, Qalqilya e infine Ramallah. Cinque basi delle Forze di difesa israeliane sono state colpite da missili lanciati dall'Iran durante la guerra dei 12 giorni: lo riporta il British Telegraph, basandosi su dati satellitari analizzati dall'Università dell'Oregon negli Stati Uniti e ottenuti dal quotidiano, citato da Ynet. Tra le basi, secondo la mappa pubblicata sul sito web del Telegraph, figurano Camp Zipporit vicino a Nazareth, Camp Glilot e la base di Tel Nof. Il quotidiano ha inoltre affermato che le Idf si sono rifiutate di commentare i dati delle intercettazioni o i danni alle basi, ma hanno dichiarato al quotidiano che "tutte le unità interessate hanno mantenuto la continuità operativa durante l'operazione. Il leader di Hezbollah, Naim Qassem, ha dichiarato che il suo gruppo non si arrenderà né deporrà le armi in risposta alle minacce israeliane, nonostante le pressioni per il disarmo."Questa minaccia non ci farà accettare la resa", ha dichiarato Qassem in un discorso televisivo, aggiungendo che il gruppo non abbandonerà le armi e affermando che "l'aggressione" di Israele deve prima cessare.
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