[Io mi costruisco di continuo e vi costruisco, e voi fate altrettanto. E la costruzione dura finché non si sgretoli il materiale dei nostri sentimenti e finché duri il cemento della nostra volontà. E perché credete che vi si raccomandi tanto la fermezza della volontà e la costanza dei sentimenti? Basta che quella vacilli un poco, e che questi si alterino d’un punto o cangino minimamente, e addio realtà nostra! Ci accorgiamo subito che non era altro che una nostra illusione. Uno, nessuno e centomila] L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unhcr), la Corte internazionale di giustizia e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres sono tra i favoriti per il premio Nobel per la pace 2024, un anno segnato dalle guerre a Gaza e in Ucraina. Una scelta che potrebbe non essere esente da sorprese, come spesso accaduto in passato, quando l’apposito Comitato norvegese ha attribuito il premio ad outsider, seppur di prestigio. E così, nella lista dei papabili dei bookmaker figura anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sebbene la sua scelta sia considerata molto difficile, visto che si tratta del presidente di un paese in guerra. Proprio per la sua attività in favore delle popolazioni colpite dai conflitti, buone chance di vittoria sono attribuite invece all’Unhcr e al suo alto commissario Philippe Lazzarini. Un premio all’Unrwa sarebbe comunque controverso, date le accuse mosse da Israele secondo cui parte del suo personale avrebbe preso parte all’attacco del 7 ottobre 2023 al sud di Israele da parte di Hamas, che ha innescato la guerra a Gaza. Alcuni paesi hanno sospeso i finanziamenti all’agenzia Onu a seguito delle accuse e dopo l’inchiesta indipendente guidata dall’ex ministro degli Esteri francese Catherine Colonna, la maggior parte dei donatori ha ripreso la donazione dei suoi contributi. Il Comitato per il Nobel, composto da cinque membri e nominato dal parlamento norvegese, potrebbe anche volersi concentrare sulla necessità di rafforzare l’ordine mondiale internazionale costruito dopo la Seconda guerra mondiale e la sua istituzione principale, le Nazioni Unite. Ciò potrebbe significare un premio al suo segretario generale, Antonio Guterres, con o senza la sua Corte suprema, la Corte internazionale di giustizia, che ha condannato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia e ha chiesto a Israele di garantire che non venga commesso alcun genocidio a Gaza in un caso presentato dal Sudafrica, ancora in corso, che Israele ha ripetutamente respinto come infondato. Tra le ipotesi fatte dai bookmakers figura anche quella del dissidente russo Alexei Navalny, morto in una colonia penale artica a febbraio, a cui dunque sarebbe assegnato un (alquanto improbabile) premio postumo. Tra i candidati noti ci sono poi anche Papa Francesco e il naturalista britannico David Attenborough. Qualche chance, secondo gli esperti, avrebbero anche l’Unesco e il Consiglio d’Europa, l’esponente dell’opposizione bielorussa Svetlana Tsikhanoskaya, l’attivista per i diritti umani Ilham Tohti. L’ultima ipotesi sarebbe poi la più clamorosa. Secondo alcuni esperti, in un 2024 segnato da conflitti cruenti, decine di migliaia di morti, milioni di sfollati e crisi umanitarie, economiche e sociali senza precedenti, il Comitato potrebbe scegliere di non assegnare il premio, inviando un messaggio chiaro al mondo. Non sarebbe la prima volta: il Nobel per la Pace non è stato assegnato in 19 occasioni: durante la Prima guerra mondiale, nel primo dopoguerra, durante la Seconda guerra mondiale, negli anni della Guerra fredda e della Guerra del Vietnam. Domani a Oslo sarà assegnato il Premio Nobel per la Pace. Mentre impazza il totonomi sul possibile vincitore, vari bookmakers pongono tra i favoriti organismi e personalità dai discutibili requisiti. A partire dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, spesso al centro delle cronache per motivi non proprio encomiabili. Israele ha in particolare accusato nove dipendenti dell’agenzia di aver partecipato ai massacri del 7 ottobre e la circostanza è stata in parte ammessa dalle Nazioni Unite, anche se con faticosa lentezza: “Potrebbero essere stati coinvolti…”. L’agenzia Onu non è l’unico potenziale vincitore ostile a Israele. Nella lista dei “papabili” figura secondo vari media internazionali anche Antonio Guterres, il segretario dell’Onu, che appena pochi giorni fa Gerusalemme ha dichiarato “persona non grata” per la sua linea sui vari fronti di guerra aperti (e soprattutto per i suoi silenzi contro i propositi iraniani di annientamento d’Israele). Tra gli organismi internazionali spicca anche il nome della Corte internazionale di Giustizia, che contro lo Stato ebraico ha stabilito alcune “misure cautelari” al fine di «impedire il genocidio» dei palestinesi. Se ne dibatte da giorni. “A Nobel Prize for Terror?”, si è chiesto tra gli altri il Wall Street Journal, sottolineando come nel tempo il titolo sia andato “ad alcuni destinatari immeritevoli”. Eppure, ciò premesso, «l’elenco dei candidati di quest’anno è al di là della media». Di recente Henrik Urdal, il direttore del Peace Research Institute di Oslo, ha aperto alla possibilità di una vittoria dell’Unrwa per “il lavoro estremamente importante” che starebbe svolgendo per i civili palestinesi. In risposta, una ong israeliana ha lanciato una petizione in cui si sostiene che una scelta del genere manderebbe “un messaggio contraddittorio in merito ai valori di pace e riconciliazione”. Due le organizzazioni israeliane candidate al Nobel per la Pace, riporta il Jerusalem Post. Si tratta di EcoPeace Middle East, attiva nel campo della cooperazione idrica con sedi a Tel Aviv, Ramallah e Amman. E del movimento femminista Women Wage Peace di cui faceva parte l’attivista Vivian Silver, assassinata il 7 ottobre nel kibbutz Be’eri.
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